Stampa

25/03/2019 - I signori delle camelie

bernardino_lechiCon la riservatezza che la contraddistingue, Brescia è stata spesso partecipe di fenomeni culturali di primo piano senza che il suo ruolo da protagonista sia conosciuto oltre la stretta cerchia degli  specialisti.

E’ questo il caso insospettato ed affascinante dei “signori delle camelie”gentiluomini bresciani - come Camillo Brozzoni e Faustino Lechi (ritratto nell'immagine a sinistra) –  appassionati di botanica e floricoltura che, nel corso dell’Ottocento, selezionarono e fecero registrare ibridi di Camelia Japonica che ancora oggi portano il loro nome o quello delle donne della loro famiglia e ornano giardini e orti botanici.

La loro storia è stata ricostruita da Palo Boifava in un articolo di AB (numero 134 – Primavera 2018).

Ne proponiamo alcuni estratti: 

[…] le forza tellurica e contagiosa ebbero floricultura e botanica nella Francia tra Sette e Ottocento influenzando profondamente il gusto di una nazione culturalmente dominante e ispiratrice quale essa era. Nell'Europa di quei decenni sono le grandi manifatture nazionali di Sèvres e Lione a esportare ovunque la nuova sensibilità per piante e fiori, descritti con precisione scientifica su porcellane, papier peint e tappezzerie finissime. 

camelia_lechi

Allo stesso modo, all'inizio dell'Ottocento, Parigi lancia la vogue dell'acquerello botanico, che diviene in quel secolo un vero e proprio fenomeno sociale tra le giovani donne europee che lo praticano per svago o per professione, contribuendo in molti casi alla loro emancipazione.[…]. Nel luglio 1827 nasce a Parigi, sull'esempio inglese, la Società di Orticultura. La regolare pubblicazione dei suoi annali raggiunge tutti i soci fondatori tra i quali spiccano i nomi più reputati e altisonanti di allora, da Vilmorin — il giardiniere del re — allo stesso Redouté, dal duca di Gramont ai banchieri Rothschild. Ma nella lunga lista di personalità che danno vita a quell'istituzione prestigiosa troviamo inaspettatamente anche un italiano, l'unico, il bresciano Camillo Brozzoni.
Collezionista, bibliofilo ed erede di una facoltosa famiglia, Brozzoni (1798-1864) condivide la passione botanica con la moglie Carolina Lera, acquerellista dotata, i cui lavori a tema floreale compaiono tra le opere esposte periodicamente nelle sale dell'Ateneo di Brescia. Nel 1831 la coppia commissiona all'architetto Rodolfo Vantini una villa di delizia con un vasto parco romantico poco fuori la cinta urbana nei pressi di Porta San Nazzaro. Per le sue essenze rare il parco è presto segnalato dalle guide ottocentesche come il più fiorito e piacevole giardino privato della città […].

serra_delle_camelie__brozzoni
Questa pianta giunge in Europa dal Giappone verso la metà del Settecento. Il successo è immediato, la sua abbondante fioritura nei mesi freddi dell'anno con fiori ampi e simmetrici la rendono ideale per gli ambienti vetrati delle dimore più eleganti, i cosiddetti “giardini d'inverno”. Nel corso dell'Ottocento si moltiplicano gli estimatori e si contano a centinaia le nuove varietà introdotte, in particolare dall'Italia, spesso intitolate a nomi di persone, luoghi o eventi. […] Nel parco di Villa Brozzoni si contano a metà del secolo un migliaio di esemplari, piantati all'aperto e riuniti in fitti boschetti. 

camelia_brozzoni

Mentre una serra temperata, ideata da Vantini in forme neoclassiche, è riservata alle varietà meno rustiche, come la Camillo Brozzoni, una camelia dal colore rosa intenso, o la Amelia Brozzoni da lui creata intorno al 1853. 
Nonostante la sostanziale scomparsa di questi luoghi, divorati dalla bulimia edilizia del Novecento, è forse possibile rievocarli ancora attraverso la storia di un fiore che, come un'affinità elettiva, accomunò e rese celebri i pionieri della floricultura bresciana del XIX secolo: la Camelia Japonica.
Anche la famiglie Maggi e Lechi si distinguono per “l’invenzione” di nuove varietà di camelie guadagnandosi una fama mondiale: […] negli anni Settanta del Novecento, il conte Fausto Lechi ricevette una lettera dal Giappone indi rizzata con suo grande stupore all'antenato Bernardino, scomparso oltre un secolo prima. Il mittente nipponico, ignaro del salto temporale, proponeva uno scambio di semi di camelia, con l'ingenua certezza di chi interpella un mito o forse nell'ostinata speranza di ritrovare ciò che purtroppo non era più.

 

L’articolo completo è disponibile nel numero 134 di Atlante Bresciano