Giuseppe Tonna, Luciano Cottini
cm 30x22, 129 pp., 15 tavv.
© ottobre 1976
Bisogna descriverli tutti e due: lo scrittore e il pittore. Due amici che stanno bene insieme; semplici e allegri, ma strani anche: con l’aria, qualche volta di tirarsi fuori le battute a vicenda per malizia, come il Gatto e la Volpe. Tonna è forte, di una forza lenta e calma (i buoi, che tirano tutta la vita). La sua virtù è la saggezza; degli uomini, dei loro pasticci e della loro fragilità, si è fatto tale esperienza che ormai continua ad amarli; come continua ad amare le cose. Cottini è inquieto, è furbo, con una curiosità un po’ topesca che lo porta dappertutto. È un sentimentale e un malizioso, tutte e due le cose insieme. Capace di fermarsi lungamente ad un vaso di gerani; più ancora, di smascherare gli amici, quando (per legittima difesa) si illudono di celargli i loro guai di cuore, di politica, di borsa. Il segreto della loro complicità è che, da bambini, non hanno avuto davanti un termosifone, ma il camino con il fuoco vero e il fumo vero; che le loro nonne andavano a messa tutte le domeniche col vestito buono. Qualcosa che è finito per sempre, per loro e per noi, per gli antropologi e per i poeti; qualcosa che è volato via, come la barca di cui Tonna racconta, che non tornerà più. Così, siccome si struggono e sono veritieri, sono venute fuori queste pagine di Tonna e questi disegni di Cottini. Il risultato è complesso e suggestivo: se si volesse parlarne in termini di letteratura, troviamo qui delle fiabe vere e proprie, quali i fratelli Grimm meglio non avrebbero saputo trascrivere; ci sono dei paesaggi, degli idilli, di esclusiva leggerezza lirica; ci sono poi di quelli che i naturalisti chiamavano “bozzetti”. Ma ciò che è più curioso, è che riesce impossibile classificare questi apporti: tutto è come se levitasse, sulle ali di un vento amoroso. Il tempo è sospeso tutto è estremamente probabile: gli alberi, i covoni, i mietitori dalla faccia scarlatta, i venditori ambulanti, i frati, le streghe e le fate.
