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04/06/2020 - Christo e "The Floating Piers"

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Estratto da ATLANTE BRESCIANO, n° 127 - Estate 2016
 

Guardando The Floating Piers

Umanità in cammino sulla stoffa increspata che ricongiunge al paesaggio

di Fausto Lorenzi

Arte o non arte? Il tormentone ha accompagnato le due settimane di durata dei Floating Piers, la passerella galleggiante di Christo sul lago d’Iseo, col richiamo del Grande Evento e quindi l’assalto di massa, il clamore, il disagio, il selfie compulsivo. Eppure le fotografie di Mauro Pini che pubblichiamo nelle pagine seguenti ci riportano ad altre percezioni, nel respiro degli elementi naturali, e pure la catena d’uomini-massa torna ribaltata nel flusso di interminabili esodi dell’umanità.

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È allora il caso di ribadire che l’arte di Christo – che si costruisce con smaliziate strategie d’impresa capitalistica, ma anche attraverso un’ampia consultazione democratica coinvolgendo poteri, comunità e maestranze locali – più che nell’ambito della Land Art è tutta nella performance che perfeziona gesti sempre esistiti e dilata ed enfatizza comportamenti ritualizzati: l’arte nella natura è la forma della camminata, l’arte nei luoghi costruiti dagli uomini è la forma della consapevolezza storica. Non c’è dubbio che la natura diventi la misura, il profilo di un mondo umanamente vivibile, e che i miraggi di Christo vogliano aiutarci ad essere umanità in cammino che si ferma a ricordare ciò che ha visto, e così facendo trasforma un luogo, uno scenario naturale e antropico in un linguaggio.

MP_8352Christo ci ricorda che gli artisti romantici non facevano altro che camminare, vivendo immersi nel paesaggio, mentre quelli di oggi vivono nella nostalgia del paesaggio, sicché c’è qualcosa dell’elegia sul confine tra corpo e assenza in quest’arte di creazioni gigantesche ma effimere, di momentanee relazioni tra forme. Un viaggio attorno a una assenza (non a caso si camminava sull’acqua) fatto compiere a tutti noi, che siamo sradicati dalla sintonia con i ritmi del mondo. E la tecnologia che si è ritirata e dissolta come un sortilegio, ripristinando lo stato dei luoghi e riciclando tutti i materiali, rincuora l’anima romantica ansiosa di restituire le sue forze all’universo, per ritrovare nella natura la vera patria dell’uomo.

Come la stoffa increspata color zafferano trascolorante che rivestiva The Floating Piers alludeva alla tessitura e ai legami tra individui e culture, tra individui e scenari naturali, l’installazione trapassata nel filtro della memoria e dell’apparizione fugace ribadisce la consapevolezza moderna che tutto quello che si vede è il riflesso della coscienza.

Il bello oggi è soprattutto un processo, un gesto performativo, anche un azzardo, in scarto e dissidio perenne rispetto al luogo comune, che mette in scena l’incontro-scontro tra lo sguardo e il comportamento dell’autore e quelli degli spettatori: l’opera si compone nella moltitudine di occhi e di pensieri che ci precedono e completano nell’esercizio del guardare e, al tempo stesso, è un atto intimo, denso di affetti, cioè emozione fatta corpo, fugace esperienza perturbante. Il sogno allora, più che di cambiare capricciosamente, è di rivelare – proteggendola nel gesto del rivestimento – la natura dei luoghi.

MP_8194In fondo Christo che era partito, sul finire degli anni ’50 del secolo scorso, da una gran massa di fisicità sfatta e carnale, con senso di incombenza soverchiante, di messa in stato d’allarme e di vertigine (Pierre Restany lo accolse tra i nouveaux réalistes, gli Arman, César, Spoerri, Tinguély, Raysse, Rotella che prelevavano e trasmutavano il materiale industriale e urbano, cogliendo le possibilità espressive legate al senso della natura moderna, cioè che un’opera può sempre diventare un’altra cosa e in tal modo indefinitamente ricominciare), ha sognato di impacchettare insieme arte e vita.

Forse è questo che dobbiamo trarre dall’esperienza della passerella: ogni viandante crei da sé i propri sistemi di riferimento, delimiti il suo spazio, fissi il valore dei propri segni. Impariamo a vivere di tappe, non di punti d’arrivo. Solo così, dietro un disegno o un profilo, crescerà davvero un pacco di arricchimento morale e spirituale, dietro una partitura segnica – com’era la passerella fluttuante, al di là dell’impresa tecnologica – un’arte davvero di fuga nel paesaggio.

L’empito visionario e trasfigurante ha così veicolato un contenuto etico di imballaggi che sembrerebbero frutto di un’ambizione sfrenata, ma sfidano il capriccio delle forze naturali in nome di un arbitrio gratuito e non violento dell’uomo.